Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping
Nel corso dell’anno 2011 la Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping e per la tutela della salute nelle attività sportive (CVD), istituita presso il Ministero della Salute in attuazione dell’art. 3 comma 1 della legge 376/2000, ha programmato controlli antidopoing su 426 manifestazioni sportive.
Dai risultati delle analisi di laboratorio è emerso che dei 1676 atleti controllati, 70 sono inizialmente risultati positivi ai test antidoping. Gli accertamenti sugli atleti risultati positivi, tuttavia, hanno permesso l’archiviazione di 18 casi.
Complessivamente sono risultati positivi 52 casi, pari al 3,1% degli atleti sottoposti a controllo.
Tra gli atleti risultati positivi ai controlli antidoping del 2011, un solo atleta risulta tesserato con un Ente di Promozione Sportiva: i restanti 51 sono invece tesserati con le Federazioni Sportive Nazionali.
Prendendo in esame la distribuzione delle positività ai controlli in funzione del genere dell’atleta, si osserva che l’84,6% dei 52 casi positivi sono uomini e il 15,4% donne. Le positività riscontrate rapportate a tutto il campione risultano del 3,6% per gli uomini e dell’1,6% per le donne.
Prendendo in esame la distribuzione delle positività ai controlli in funzione della classe d’età dell’atleta, si osserva che la percentuale più elevata di positività è stata rilevata tra gli over 45, mentre quella più bassa tra gli under 25.
E’ interessante notare come all’interno delle classi di sostanze maggiormente rilevate ai controlli (diuretici/agenti mascheranti, agenti anabolizzanti e cannabinoidi), gli atleti risultati positivi siano prevalentemente di sesso maschile. Per contro gli stimolanti, con ben il 35,5% delle positività, sono la classe doping più frequentemente rilevata nelle atlete. Una spiegazione del fenomeno può risiedere nel fatto che più frequentemente degli uomini le donne assumono sostanze vietate quali gli stimolanti per ottenere il controllo del peso attraverso la loro azione anoressizzante.
Tra le classi di sostanze maggiormente rilevate nel corso dei controlli antidopiing (diuretici/agenti mascheranti ed agenti anabolizzanti), il numero maggiore di positività è stato riscontrato tra i tesserati FCI (ciclismo). (1)
In base alla Legge 14 dicembre 2000, n. 376 per la “disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”, entrata in vigore il 2 gennaio 2001, costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche terapeutiche, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare:
- le condizioni biologiche dell’organismo al fine di migliorare le prestazioni agonistiche degli atleti;
- i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche suddette.
I farmaci, le sostanze farmacologicamente attive e le pratiche terapeutiche, il cui impiego è considerato doping, sono individuati, in conformità alle indicazioni del Comitato olimpico internazionale, in tabelle approvate con decreto del Ministero della sanità, d’intesa con il Ministro per i beni culturali, su proposta della Commissione di controllo sanitario dell’attività sportiva.
In base alla Legge n. 376 la Commissione di controllo sanitario dell’attività sportiva è istituita presso il Ministero della Sanità, tra i suoi compiti quello di determinare criteri e metodologie dei controlli antidoping. Ciò significa che la gestione dei laboratori antidoping non sarà più nelle mani del CONI, ma in quelle della Commissione stessa.
I farmaci potenzialmente dopanti dovranno recare un contrassegno per essere riconoscibili e avere, nel foglietto illustrativo, un paragrafo che ne spieghi gli effetti per chi pratica attività sportiva.
Il doping è reato penale. A differenza che in passato anche gli atleti sono perseguibili.
Nel 1910 in Austria abbiamo la nascita del primo controllo anti-doping: a seguito di analisi condotte su alcuni cavalli, un chimico russo portò al Club dei Fantini austriaci la dimostrazione scientifica dell’avvenuta pratica di doping, data dalla presenza di alcaloidi nella saliva degli sfortunati quadrupedi. (1)
Perché venisse istituita una forma ufficiale di controllo antidoping, si dovette attendere il 1955: fu in quell’anno, infatti, che, in Francia, cominciarono le analisi obbligatorie sui ciclisti, scoprendo immediatamente percentuali di positivi pari anche al 20 per cento. Da allora, i controlli hanno avuto luogo, progressivamente, in tutte le discipline sportive e in tutte le manifestazioni internazionali più importanti: nei Mondiali di calcio i controlli vennero introdotti nell’edizione inglese del 1966, alle Olimpiadi della neve nell’edizione del 1968, mentre per i Giochi olimpici fu necessario aspettare fino al 1976. (2)
La Federazione Medico-Sportiva Italiana (F.M.S.I.), organo del C.O.N.I., ha iniziato i controlli antidoping fin dal 1960, mentre la legislazione statale si è occupata per la prima volta seriamente di doping, undici anni dopo, con la L. 26.10.1971, n. 1099, sulla “Tutela sanitaria delle attività sportive”, che ha abrogato la L. 1055 del 1950.
Nella legge manca una esplicita definizione di doping ma la si ricava dalla lettera dell’art. 3 in cui si penalizza con ammende sia “… gli atleti partecipanti a competizioni sportive che impiegano sostanze nocive per la loro salute al fine di modificare artificialmente le loro energie naturali …”, sia colui che “… somministra agli atleti che partecipano a competizioni sportive delle sostanze che modifichino le loro energie naturali …”.
L’Italia fu uno dei primi Paesi a legiferare in materia di doping nello sport: il Belgio e la Francia nel 1945, l’Italia e la Turchia nel 1971, la Grecia nel 1976 e il Portogallo nel 1979.
Prima del 1973, non esistevano analisi attendibili per evidenziare l’uso degli androgeni anabolizzanti da parte degli sportivi. In quell’anno veniva annunciato il primo metodo radioimmunologico capace di rivelare la presenza nelle urine di androgeni anabolizzanti somministrati per via orale. (3)
Gli steroidi anabolizzanti vennero banditi come sostanze proibite dal Comitato Olimpico Internazionale sin dal 1976. (5)
Il 4 Febbraio 1999 a Losanna (Svizzera), nel corso della World Conference on Doping in Sport riunitasi dopo gli eventi che avevano funestato il ciclismo nell’estate dell’anno precedente, approva la “Lausanne Declaration on Doping in Sport”. La novità assoluta della Dichiarazione di Losanna è rappresentata dalla adozione del Codice Anti-doping e dalla istituzione di un organismo mondiale per la lotta al doping: la WADA.
Il 1 Gennaio 2004 la WADA emana il nuovo regolamento antidoping. La prima novità del nuovo codice antidoping WADA è la nuova definizione di doping più restrittiva e più definita: “Con il termine doping si intende il verificare di uno o più violazioni previste dal Regolamento dell’Attività antidoping”. Viene pertanto sanzionato anche solo “la presenza di una sostanza vietata, dei suoi metaboliti e dei suoi markers”. Spetta allo sportivo assicurarsi che nessuna sostanza vietata (metabolici o markers) penetri nel suo organismo.
(1) PACIFICI R, BACOSI A., DI CARLO S., DI GIOVANNANDREA R., MINUTILO A., SOLIMINI R., TOTH G., PALMI I., Reporting System Doping Antidoping 2011, Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping, Istituto Superiore di Sanità, Roma, Maggio 2012.
(2) ARPINO M., 26/27/28 maggio 2000, Atti del Convegno Internazionale “Lo sport giovanile e Scolastico in Europa e nel Mondo nel terzo millennio – Quali iniziative per prevenire e combattere il Doping?” Cagliari/Quartu S.Elena.
(3) CAPRISTO C.M., GAGLIANO-CANDELA R., GRECO M., Normativa e tossicologia dello sport, F. MILELLA Editore, Bari.
(4) LAMB D.R., 1984, Anabolic steroids in athletics: How well do they work and how dangerous are they?, Am. J. Sports Med. 12.
(5) GIADA F., CONTE R., PALATINI P., 1999, Effetti farmacologici e tossicità degli steroidi anabolizzanti, Medicina dello sport, 52/2.
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