Il potere della nostra immaginazione
Matteo Simone
Lavorare attraverso l’esperienza, l’immaginazione, la visualizzazione, permette di esercitarsi, di allenarsi in vista di una situazione da affrontare.
Come è possibile aiutare una persona in vista di una situazione da affrontare? E’ possibile facendo in modo che la persona in qualche modo si sperimenti, accompagnandola passo dopo passo in un’esperienza che la aiuti a rendersi conto, a considerare la possibilità che anche al di fuori del contesto terapeutico sia pensabile mettere in atto nuove modalità sperimentate nel setting protetto della terapia.
Perls descrive come l’attività mentale sembra agire come risparmiatrice di tempo, energia e lavoro per l’individuo: “Quando medito su un problema, cercando di determinare quale corso d’azione seguirò in una data situazione, è come se facessi due cose molto reali. In primo luogo, ho una conversazione circa il mio problema: in realtà potrei avere questa conversazione con un amico. In secondo luogo, riproduco con l’occhio della mente la situazione in cui mi porrà la mia decisione. Anticipo nella fantasia ciò che accadrà nella realtà, e sebbene la corrispondenza tra la mia previsione fantasticata e la situazione reale possa essere non assoluta, così come non è assoluta la corrispondenza tra l’albero della mia mente e l’albero del mio giardino, così come è solo approssimativa la corrispondenza tra la parola ‘albero’ e l’oggetto albero, è tuttavia sufficiente perché io possa basare le mie azioni su di essa.
Pertanto l’attività mentale sembra agire come risparmiatrice di tempo, energia e lavoro per l’individuo. (1)
Anche Gallese, soprattutto a seguito della scoperta dei neuroni a specchio, descrive l’importanza dell’immaginazione come una sorta di simulazione mentale: “In quanto esseri umani, abbiamo la facoltà di immaginare mondi che possiamo avere o non avere visto prima, immaginare di fare cose che possiamo avere o non avere compiuto prima. Il potere della nostra immaginazione può dirsi pressoché infinito.
L’immaginazione visiva condivide con la reale percezione diverse caratteristiche. Ad esempio, il tempo impiegato per scrutare attivamente con gli occhi una scena visiva coincide con quello impiegato per limitarsi ad immaginarla. Una serie di studi di brain imaging hanno dimostrato che quando immaginiamo una scena visiva attiviamo regioni del nostro cervello che sono normalmente attive durante la reale percezione della stessa scena.
Come nel caso dell’immaginazione visiva, anche l’immaginazione motoria condivide diverse caratteristiche con la propria controparte ‘attiva’ nel mondo reale. La simulazione mentale di un esercizio fisico, ad esempio, induce un incremento della forza muscolare che è paragonabile a quello ottenuto col reale esercizio fisico. Quando immaginiamo di compiere una data azione, vari parametri fisiologici corporei si comportano come se noi stessimo effettivamente eseguendo quella stessa azione. La frequenza cardiaca e respiratoria aumentano durante l’immaginazione di compiere esercizi motori. Tali aumenti inoltre, così come accade nel reale esercizio fisico, crescono linearmente col crescere dello sforzo immaginato.
L’immaginazione visiva è equivalente alla simulazione di una reale esperienza visiva, così come l’immaginazione motoria è equivalente alla simulazione di una reale ed attiva esperienza motoria. Dobbiamo tuttavia porre l’accento su di un aspetto molto importante: nell’immaginazione motoria il processo di simulazione non è automatico ed implicito, ma è il risultato di un deliberato atto di volontà del soggetto.” (2)
Lo psicoterapeuta può interessarsi al mondo dell’altro, restando presente davanti a lui e mostrandosi capace, interessato e, aspetto fondamentale, essendo umano: con nessuna certezza di guarigione, ma con la certezza che si è in quel momento lì presente per il cliente, paziente, persona.
(1) F. Perls, L’APPROCCIO DELLA GESTALT, Astrolabio, Roma, 1977, p. 24.
(2) V. Gallese, La molteplice natura delle relazioni interpersonali: la ricerca di un comune meccanismo neurofisiologico, 2003, Networks 1, p.34.